Diabete, numeri allarmanti al Sud e in Calabria

Una vera e propria pandemia, con serie conseguenze per gli individui e la società

di Francesco Pungitore


Anche quest'anno il mese di novembre ha celebrato la Giornata Mondiale del Diabete. Tante le iniziative anche in Calabria, regione che, purtroppo, svetta nelle classifiche di diffusione della malattia. Ci si confronta con una vera e propria pandemia, con serie conseguenze per gli individui e la società in termini di riduzione sia dell’aspettativa sia della qualità della vita, e notevoli ricadute economiche. Emanuela Zurzolo, coordinatrice per la Calabria della Giornata Mondiale del Diabete 2018, ha sottolineato come “la gestione di una persona con diabete coinvolge tutta la famiglia”. “Pensiamo ai bambini con diabete - ha spiegato - ma anche agli anziani da portare a visite ed esami, l’adozione di uno stile di vita sano, le buone abitudini alimentari e un’attività fisica adeguata, dove il ruolo della famiglia è fondamentale per metterle in atto”. In termini statistici, nel 2017 ci sono stati, a livello globale, quattro milioni di morti, mentre in Italia vivono attualmente 3,7 milioni di persone con diabete. Negli ultimi trent'anni si è passati dal 2,9% al 5,6% dell’intera popolazione. Tra l'altro spicca un importante divario Nord-Sud: valori più elevati della media si evidenziano proprio in Calabria, oltre che in Basilicata, Sicilia, Campania, Puglia, Abruzzo e Lazio, mentre quelli più bassi spettano alle province autonome di Trento e Bolzano e alla Liguria. Anche l’obesità infantile presenta marcate differenze territoriali a svantaggio delle regioni del Sud, dove un minore su 3 è in eccesso di peso: le percentuali più elevate in Campania (36,1%), Molise (31,9%), Puglia (31,4%), Basilicata (30,3%) e Calabria (30%), a fronte del valore minimo osservato nelle province autonome di Trento e Bolzano (15,4%). Secondo l'Oms, il diabete è in continuo aumento: nel 2014 - rileva il portale del Ministero della Salute - era stimata pari all'8,5% della popolazione a livello mondiale, a fronte del 4,7% del 1980. Secondo tali stime, nel mondo si contavano circa 422 milioni di persone affette da Diabete mellito, 64 milioni all'interno della Regione europea dell'Oms (Global report on diabetes, Oms 2016). La prevalenza aumenta al crescere dell'età fino a un valore di circa il 20% nelle persone con età uguale o superiore a 75 anni. La prevalenza è mediamente più bassa nelle regioni del nord (4,7 e 4,5%) rispetto a quelle del centro (5,7%), del sud (6,1%) e delle isole (5,8%). Si distinguono un Diabete mellito di tipo 1 (detto anche Diabete immuno-mediato, circa il 10% dei casi) e un Diabete mellito di tipo 2 (detto anche Diabete non immuno-mediato o dell'adulto, circa il 90% dei casi). Si tratta fondamentalmente di due patologie distinte: mentre il Diabete di tipo 2 è in parte prevenibile modificando gli stili di vita delle persone a rischio, particolarmente per quel che riguarda la nutrizione e l'attività fisica, il Diabete di tipo 1 non può essere prevenuto, in quanto sono ancora poco chiari i fattori di rischio che interagiscono con la predisposizione genetica scatenando la reazione autoimmunitaria. L'assistenza alle persone con Diabete rappresenta una delle principali sfide per il Servizio sanitario nazionale. Non solo per la sempre crescente diffusione della patologia, quanto perchè la malattia ha un forte impatto sanitario, sociale ed economico che richiede un'organizzazione dell'offerta sanitaria in grado di minimizzare il più possibile l'incidenza degli eventi acuti e delle complicanze invalidanti che comportano costi elevatissimi. E' stato stimato che l'assistenza a un diabetico di tipo 2 non complicato presenta un costo pari a circa una volta e mezzo quella di un cittadino di pari età non diabetico; una complicanza microangiopatica (es. retinopatia) fa salire tale costo fino a tre volte; una macroangiopatia con evento acuto (es. infarto) fino a venti volte nell'anno dell'evento per poi stabilizzarsi a quattro volte negli anni successivi; se sono presenti entrambi i tipi di complicanze il costo aumenta fino a sei volte. Come per la gran parte delle malattie croniche, il Diabete richiede un costante supporto al paziente che rappresenta il primo protagonista della gestione della malattia. L'Italia dispone di un sistema di assistenza ben riconoscibile, sebbene - evidenzi il ministero - vi siano tuttora differenze territoriali suscettibili di miglioramenti organizzativi, soprattutto sul versante dell'integrazione e della comunicazione tra i vari operatori. Il sistema è articolato su più livelli, con una decisa differenziazione tra i servizi dedicati alle diverse fasce di età e, in particolare al Diabete di tipo 1 insorto in età evolutiva e al Diabete di tipo 2. Il Piano sulla malattia diabetica, approvato in Conferenza Stato Regioni con accordo 6 dicembre 2012, pubblicato sulla GU del 7 febbraio 2013 e recepito da tutte le Regioni e Provincie autonome, rappresenta la cornice all'interno della quale vengono sistematizzate a livello nazionale tutte le attività nel campo della malattia diabetica al fine di rendere più omogeneo il processo diagnostico-terapeutico. Tenendo conto delle più attuali evidenze scientifiche, il documento disegna un'organizzazione a rete che mette al centro il paziente e coordina le attività di tutti gli attori dell'assistenza (dalla rete specialistica diabetologica agli operatori che forniscono l'assistenza primaria) con l'obiettivo di fornire la migliore assistenza possibile per controllare la malattia, prevenire e curare le complicanze, garantire la migliore qualità di vita, sottolineando la necessità di passare da un sistema basato sulla "cura" ad uno basato sul "prendersi cura". Ciò, ottimizzando l'uso delle risorse disponibili e senza dimenticare l'importanza della prevenzione primaria e della diagnosi precoce. Uno dei problemi più gravi è quello dei pazienti “invisibili”, non trattati in centri specializzati. A lanciare l'allarme, in tal senso, è Raffaele Scalpone, medico diabetologo, responsabile del servizio di diabetologia presso l'Ini, Istituto Neurotraumatologico Italiano e presidente dell'Associazione italiana per la difesa degli interessi dei diabetici. “Negli ultimi anni la vita dei diabetici è migliorata, la ricerca va avanti e le cure si perfezionano. Eppure un diabetico, oltre alla lotta quotidiana con la malattia, deve affrontare una serie di difficoltà, a partire dal diritto essenziale alla cura e alla tutela del posto di lavoro, entrambi a rischio per la carenza di risorse economiche - spiega l'esperto. - I costi delle nuove terapie, farmaci innovativi e device in grado di arrestare l'evoluzione del diabete, sono alti e in un prossimo futuro, se le Regioni non provvederanno a stanziare fondi ad hoc, non saranno disponibili per tutti i malati”. Ma l'accesso alle cure mostra già difficoltà. “Il 18% dei pazienti che presentano forme iniziali di diabete sono affidati al medico di base, malati invisibili che dovrebbero avere a disposizione centri e medici specializzati in grado di attuare strategie preventive della patologia diabetica - osserva ancora Scalpone -. Inoltre l'incidenza del diabete è in aumento perché è in aumento l'obesità e il rischio, in futuro, è di arrivare al 30% di diabetici non curati, per mancanza di fondi, con la conseguenza di un aumento di complicanze cardiocircolatorie e della perdita della possibilità di condurre una vita normale”. L'appello è dunque alle Regioni, affinché si avvii una gestione uniforme dei device e si proceda a un maggiore stanziamento di fondi per le terapie del diabete: “Bisogna evitare di avere sistemi sanitari differenti, di avere in Toscana agevolazioni che non esistono in Campania - afferma il diabetologo -. Nelle Regioni gli appalti per la gestione e l'utilizzo dei device devono diventare omogenei e devono essere stanziati più fondi per le terapie, altrimenti si rischia che i farmaci innovativi in grado di arrestare l'evoluzione del diabete non saranno disponibili per tutti. Lo stanziamento - conclude l'esperto - dovrebbe essere uniforme per qualità di prestazioni erogate e prodotto acquistato, con gare trasparenti e identiche in tutta Italia”. Un ulteriore problema è quello della scarsa qualità dell'informazione. Infatti è sui social media che gli italiani trovano oggi la maggior parte delle informazioni online in tema di diabete, in uno scenario che vede ampiamente superare per numeri di pubblicazioni le piattaforme tradizionali di diffusione dell'informazione. In testa Facebook e Twitter rispettivamente con il 33,3 e il 29,8% di post pubblicati. Agli ultimi posti le piattaforme di news con solo il 5%. Ma è YouTube a generare la maggior parte dell'engagement superando con il suo 87,5% le altre piattaforme social. I dati sono rivelati dalla prima ricerca scientifica sulle fake news in rete sul diabete promossa da Sanofi nell'ambito del suo progetto #5azioni, la prima la prima Social Academy per aiutare le persone con diabete ad orientarsi al meglio online e sui social media. La ricerca èstata realizzata da Brand Reporter Lab con la partnership scientifica di Amd (Associazione Medici Diabetologi) per comprendere come le persone si informano in rete su una patologia che colpisce oggi oltre 4 milioni gli italiani, con un impatto importante su famiglia, lavoro, welfare, società. La rilevazione è stata effettuata sui big data online dall'1 gennaio al 31 settembre 2018 attraverso la piattaforma BlogMeter, che ha registrato 133 mila post sul tema del diabete con un totale di 11,4 milioni di interazioni complessive. Lo studio è stato presentato in occasione del World Diabetes Day, la giornata mondiale incentrata quest'anno sul ruolo della famiglia e sui percorsi di gestione, prevenzione e educazione al diabete. [15 novembre 2018]

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